I walk “Ti basta la mia grazia” – Fraternità Nazionale in formazione 4-6 Marzo 2016
14 Marzo 2016Immaginatevi nella vostra stanzetta, di sera, prima di dormire… luce soffusa… voi e il silenzio che la notte porta con sé… così è iniziata la “Fraternità nazionale in formazione” lo scorso venerdì 4 marzo. Riuniti nel teatro della Domus Pacis ad Assisi, ciascuno con in mano la foto di sé da bambino, siamo partiti da noi… con gli occhi chiusi abbiamo lasciato che i ricordi affiorassero… ogni foto racconta una storia… la nostra foto parla di noi, di come eravamo (magari buffi), di coloro che ci hanno amati da sempre, che ci hanno insegnato a camminare, a parlare, che ci sono stati accanto, con cui siamo cresciuti. Una voce narrante ci ha aiutati a camminare lungo la nostra vita, facendoci ripercorrere alcune tappe fondamentali; tra queste anche il giorno in cui siamo arrivati in fraternità e qualcuno ci ha parlato della gi.fra o degli araldini. Pian piano la voce narrante ci ha invitati ad aprire il cuore e lasciare che anche i sentimenti salissero a galla. Entrare in sé, scavare in profondità e aprire il proprio cuore richiede tanto coraggio, porta fuori le gioie ma anche le sofferenze, lacrime di commozione e di tristezza, ma aiuta a conoscere se stessi, la propria storia e a saper riconoscere in essa le tracce del Divino.
Un inizio insolito, che ha colpito tutti, dai veterani a quelli alla prima esperienza. Di solito mi piace lasciarmi stupire e cercare di accogliere tutto ciò che mi viene donato; così siamo andati a riposare con tanta curiosità per un percorso che ci sarebbe stato rivelato solo a piccole dosi.
Gli eventi nazionali gi.fra sono noti per essere brevi ma intensi e ogni volta mi sembra di essere bombardata da tante nuove informazioni, parole, forti emozioni, tanti volti nuovi, ciascuno con la propria storia… ma sulla via del ritorno posso fare silenzio attorno, cosi ché quelle tante parole o almeno una buona parte di esse possa risuonare, fino a sedimentare ed entrare a far parte di me. Quel turbinio di sentimenti mi accompagna per i giorni successivi il rientro: il carico di gioia, amore ed entusiasmo mi dà una marcia in più nella mia routine quotidiana. Ma si tratta solo di forti emozioni, che sconvolgono le viscere e non lasciano niente quando si esauriscono? Nella nostra vita siamo alla ricerca di qualcosa che ci dia forti emozioni, che ci rendono felici nel breve tempo ma si esauriscono subito dopo? Oppure siamo alla ricerca e vogliamo costruire qualcosa che duri per sempre? Questi solo alcuni degli spunti di riflessione e provocazioni lanciate da fra Raffaele Orlando sabato mattina.
Se nascono degli interrogativi, è meglio cercare di dare una risposta! Per fare ciò è necessario scavare ancora dentro di sé, cosa che viene meglio concedendosi un po’ di tregua e lasciando spazio al silenzio, per far si che Qualcun altro possa parlare. Nella basilica di Santa Maria degli Angeli, ci siamo fermati dinanzi alla croce, prostrati ci siamo messi in ascolto della Sua parola, per crescere nella consapevolezza che Gesù, il figlio di Dio, ci ha amati così tanto da donare la vita per noi. Da sempre ci ha amati e ancora ci ama così come siamo, e pazientemente attende che anche noi Lo amiamo, amando i fratelli che ci sono messi accanto. “…perché ti ho creato soltanto per l’amore. Oggi sto alla porta del tuo cuore come un mendicante, io il Re dei Re! Busso e aspetto; affrettati ad aprirmi. […] Qualunque cosa accada, non aspettare di essere santo per abbandonati all’amore, non ameresti mai… Va…”.
Quando l’Amore ci tocca, ci ricolma, rendendoci uomini nuovi, non è possibile trattenerlo in sé, ma necessariamente dovrà uscire. Da questo nascerà la necessità di annunciare la buona notizia agli altri, divenendo evangelizzatori. Sembra quasi che sia semplice, invece sappiamo quanto sia per noi complicato essere dei buoni annunciatori di Cristo, non solo con le parole, ma soprattutto con le opere. Nel pomeriggio del sabato siamo stati invitati a ricreare numerosi cenacoli, così da cercare di rivivere la stessa situazione degli apostoli di Gesù dopo la sua morte. Chiusi in un cenacolo a parlare dei fatti appena successi, esterrefatti, impauriti, smarriti, senza sapere cosa fare o dire. Anche a noi è stato chiesto di sporcarci un po’ le mani e, in completa autogestione, di vivere un primo momento in cui confrontarsi per condividere riflessioni, paure, difficoltà. Gli apostoli per poter uscire da quel cenacolo e sapere finalmente cosa fare hanno avuto bisogno di ricevere il dono dello Spirito Santo. Per questo, il secondo step ci chiedeva di organizzare un breve momento di preghiera, in cui ci siamo affidati, lasciando che fosse lo Spirito ad istruirci e guidarci. Così siamo passati al terzo momento, in cui proporre alcune modalità per essere evangelizzatori in ogni frangente ed ambito della vita.
Il week end è proseguito in un crescendo di intensità, cosicché sabato sera nella basilica inferiore di San Francesco ad Assisi, ci è stata data la possibilità di continuare a fare silenzio, pregare, riconciliarsi e ricevere assistenza spirituale. Per gruppi siamo rimasti in preghiera dinanzi alla tomba di san Francesco, dove, chi ha scelto di farlo, ha rinnovato la promessa nella gioventù francescana; mentre chi non avesse ancora fatto la prima promessa, ha preso un impegno personale, che custodisce nel segreto del suo cuore. Da quando sono in Gi.Fra. ho rinnovato la promessa numerose volte, vivere questo momento in tomba e accanto a fratelli della mia fraternità locale, regionale e anche nazionale è stata un’emozione del tutto insolita.
Domenica mattina ci siamo messi ancora in ascolto… un evangelizzatore per eccellenza come San Paolo presentatoci dal vescovo ausiliare di Milano, Mons. Paolo Martinelli. Una strana coincidenza di omonimia la loro, risultata in una piacevole lectio magistralis.
Paolo di Tarso, che era un fariseo e fervente persecutore dei primi cristiani, sulla strada verso Damasco viene incontrato da Cristo. Un incontro che lo tocca nel profondo, lo rende cieco, e così lo istruisce nell’avere fede. Riacquistata la vista, Paolo ha uno sguardo nuovo. L’incontro con il Signore non può lasciarci indifferenti. E’ ciò che anche Paolo ha vissuto, lasciandosi completamente trasformare, così che le debolezze che in passato erano per lui motivo di scandalo diventano dopo motivo di vanto, perché comprende che Dio lo incontra proprio nelle sue povertà. Ne diventa consapevole fino al punto di scrivere: “quando sono debole, allora sono forte” (2Cor 12, 10). A Paolo non serve niente di più della Grazia di Cristo. E “la Grazia non è qualcosa che si merita, ma è qualcosa che ci precede”, afferma Mons. Martinelli, scende copiosa e trasfigura chi la accoglie, rendendolo capace di ciò che sarebbe impossibile agli uomini, ma che è possibile a Dio. La grazia ci rende Suoi Strumenti, per dirla alla maniera di San Francesco d’Assisi.
Paolo, che vive l’esperienza forte e meravigliosa dell’Amore di Dio, comprende che è Dio il senso e il centro di tutto ciò che esiste, tutte le cose, il creato, gli esseri umani. Può capire tutto ciò che lo circonda e la realtà in cui vive solo perché vede in essi l’opera di Dio, perché “tutto sussiste in Lui”. Da questo ricava che tutti sono degni dell’amore di Dio. “Dio è per tutti”. Paolo farà della propria vita la sua missione: annunciare, in ogni angolo della Terra, Gesù, perché tutti Lo conoscano e ne facciano esperienza. In Paolo evangelizzare è una necessità, non può trattenere la gioia dell’Amore che sperimenta nella sua vita, perché questa naturalmente si espande e lo spinge a muoversi verso l’altro. Paolo rimane sempre irrimediabilmente calato nella realtà, perché comprende che il Vangelo non si può che annunciarlo dal basso, pur dovendo affrontare difficoltà e tribolazioni, vivendo per Cristo fino in fondo. Mai si lascia sopraffare da scoraggiamenti e timori, perché consapevole che la Grazia del Signore è su di lui e questo basta per essere forti.
Mons. Martinelli ha concluso citando quanto Papa Francesco scrive nell’Evangelii gaudium a proposito dell’essere evangelizzatori con Spirito: “La missione al cuore del popolo non è una parte della mia vita, o un ornamento che mi posso togliere, non è un’appendice, o un momento tra i tanti dell’esistenza. E’ qualcosa che non posso sradicare dal mio essere se non voglio distruggermi. Io sono una missione su questa terra, e per questo mi trovo in questo mondo” (Evangelii Gaudium – 273).
Una grande lezione di umiltà, semplicità e capacità di stare accanto a tutti quella di Mons. Martinelli, che lascia intuire che non vi sia solo una conoscenza teologica della figura di San Paolo, quanto più un incarnare e vivere nella stessa Grazia.
Il week end vissuto ad Assisi è stata un’occasione per fare silenzio, guardarsi dentro, mettersi in ginocchio, pregare, mettersi in ascolto; ma è stato anche un momento di incontro con i fratelli, ritrovarne di vecchi, conoscerne di nuovi. Un’occasione per ricaricarsi e da cui ripartire, perché la missione vera si gioca nella vita quotidiana, sulle strade e nei luoghi in cui il Signore ci chiama, con coraggio e senza paura, perché noi camminiamo con Lui, Lui cammina con noi.
“Mi basta la tua grazia” #iwalk
Qualcosa da portare a casa: il kit liturgico in preparazione al capitolo nazionale. Al suo interno una piccola coroncina e un foglietto tascabile per pregare la Corona Francescana, e un foglietto con le intenzioni da recitare durante le lodi e i vespri. Insomma, un invito a sostenerci nella preghiera e a prepararci pregando al capitolo nazionale. Un invito che potremmo accogliere come fraternità locali e regionale anche in preparazione ai capitoli che ci vedranno prossimamente coinvolti più da vicino.
Rosa Fiorentino,
fraternità di Giovinazzo